domenica 21 dicembre 2014

Angelo Barbon (Martin), Villapendola/Treviso, 1912 - "tirante" di barconi del Sile

Registrazione 8 maggio 1988 - Cassetta 1988.10b (da 04:00)



Ascolta l'AUDIO
(Integrale, senza editing - Durata 27:37)

Trascrizione originale


Angelo Barbon, contadino 
tirante di barconi del Sile


Nastro 88/10                                        lato B

Intervista a Angelo Barbon detto Martin, "tirante" di Villapendola, classe 1912, domenica 8 maggio 1988

Il comandaresso era Cerne (Angelo Continetto), ma spesso venivano a chiamare i contadini per tirare le barche sua madre e sua zia, una la chiamavano Gigia e l’altra Éta.
Elenco delle famiglie di tiranti: Caldato di Villapendola, con i figli Riccardo, Biasio, Lalo, Piero, Nea, Marco e Genio; Marco Caldato da Porto, poi Fava detti Faonetto : figli di Candido (= Alessandro e Nini) e figli di Daniele = Silvio.
A volte, se occorrevano dei buoi in sovrappiù, venivano anche i Trevisin (Ugo) detti Bisetto
05:06 Via Villapendola, fa da confine tra Treviso e Silea … infatti dall'altra parte (ovest) della strada si chiama via Tappi.
È arrivato fino allo scalo del Ponte della Gobba più di qualche volta: vi scaricavano sacchi di farina per i pastifici.
07:15 Tempi di percorrenza: se andava bene, da Melma a Fiera: due ore due ore e mezzo, mentre fino al Ponte della Gobba ci volevano quattro ore e più.
Ci mettevano invece due ore per arrivare a "Porto " [cioè subito dopo il ponticello in ferro sullo Storga].
«Co che a tortura de e bestie, quando che e montàa d'inverno su ch'el fèro ƚà, che tante gavéa na paura o del rumor o che se sbrissàa: ièra cose da copàrse ƚà, cose da coparse co e bestie, parché no iera mia un pèr [un paio] soƚo, quando che ghe ne iera poche, so na corda ghe ne iera quatro sinque pèri, [su una corda ce n’erano quattro cinque paia]  so n'antra un pèr do de manco e dopo ghe iera che altra corda co altri do pèri, ghe iera tre corde co se fasséa na barca pesante… ».
Appena dopo il ponticello ci sono ancora le scalinate, sull'argine, dove scaricavano la merce: granoturco, frumento, ecc. per il mulino ...  le due scalette sono ''alla fine del mulino" ... le barche poi (alcune) entravano sulla fossa che c'è ad est del mulino [Mandelli], per caricare  o per girarsi.
Le scalette servivano per appoggiarvi "un ponte" su cui camminare con i sacchi: no ghe iera mia e gru!
11:00 Conferma che una volta, quando c'era solo mezzo ponte, si faceva il giro per San Sgualdo (Sant’Osvaldo) sulla Callalta… questo succedeva quando "era bocia "; (è del 1912).
«Se iera anca un poco geòsi se dei altri vegnéa a metar e sàte in meso, parché no ghe iera altri mèsi de ciapàr magari un franco».
Gli ultimi viaggi che ha fatto prendeva, a seconda del quintalato che c'era in barca 10 - 15 lire per paio di buoi , che pesavano anche 16 /17 quintali (se invece avevano vacche,  quattro vacche facevano come un paio di buoi).
Razza dei buoi: bruno alpina , a cui davano da mangiare fieno … a proposito ogni frontista segava l'erba della restera; non era erba buona per mangiare, ma solo per far èto [lettiera in stalla], perché non era concimata,  era roba magra , stentata, «quando che ndàimo segar ƚà iera roba da piansar, a xe che l'erba rossetta  deƚa restèra; i diséva [proverbio veneto sullo sfalcio dell'erba] "se no te sà batar e ugàr, a sbassa a testa e a te assa passar" [se non sai battere e affilare (la falce) / (l'erba) abbassa la testa e ti lascia passare] parché no gaveva nerbo, a xe pura foia, se ancora ghe xe un fià de aguasso [rugiada], eora a stà posàa … ma se a xe suta xe meio torsea e ndar casa, e darghe fogo».
Loro la usavano solo per far letto.
15:20 «Na volta ghe iera puissìa, se poéa anca bevar l'aqua [si poteva anche bere l’acqua], adesso xé sporco, tuto sporco».
Grosse difficoltà: al Vòlto del Rombo e, di qua, era ancora peggio, al Vòlto de S.Antonin .
Di là del Sile c'era una famiglia che chiamavano el Rosso Peegrin e c'erano delle pioppe. I barcari erano costretti, quando non ce la facevano [a superare il vòlto], ad andare di là col battello, prendere na ciusèa [un paranco]. "Attaccavamo la corda su a ciusèa che partìa da a barca e la portavano, sempre col battello, ai contadini che l'attaccavano alle bestie e così facevano più forza, e un po' alla volta si riusciva a superare il Vòlto de Sant’Antonin, e arrivare sul dritto. Erano tutti capitomboli, parché se ingrumàimo co e corde, perché sono tre corde: e fin che te tiri par drito tutto andava bene, ma quando che quando cominci (a far a curva), ne hai una dietro l’altra, e le bestie in mezzo si inciampavano, e bestie in mèso …na triboƚassiòn, na triboƚassion … e iera guadagnàe sì che e tre paƚanche che i me dava!
18:40 Ci toccava andare piano piano; ormai le bestie erano talmente abituate che camminando cercavano anche loro di togliersi dal groviglio delle corde o le colpivamo noi con qualche bacchettata se non capivano, ma erano botte che meritavamo noi.
Sarebbe stato un guaio veder le bestie magari ndàr co e gambe alte. Qualcuna si inciampava sulla corda tesa da quelle davanti, e quelle dietro vi inciampavano. Mai successo però che si sia scavezzata una gamba a una bestia, parché e gavéa na astussia anca e bestie - co e iera abituàe - de sentirse sta corda su e gambe; tante volte e savéa anca ƚore de alsàr e gambe o spostarse da na parte a ƚaltra.
20:00 Ogni 150 quintali [trainati] "el iera un pèr" [era un paio di bestie], ma [i barcari] me ciavàa sempre qualche sento quintài, no i iera mai giusti.
Ad esempio su mille quintali si attaccavano sette paia di bestie: tre sulla prima corda, due sulla seconda e un paio su quella piccola. Le corde erano chiamate prima, seconda e a picoƚa: la terza) che andava attaccata a poppa della barca: due sulla prua (proa) e una dietro, per poter meglio affrontare i volti. Nella maggior parte dei casi dietro toccava a Genio o Nea Caldato, perché loro avevano i buoi più grossi e così riuscivano a spingerla avanti … in quel momento lì era più difficile, poi sul dritto era tutto più facile.
21:30 Vita durissima per tutti, sulla restèra. Magari un viaggio o due si sopportavano, ma a volte si tornava a casa e si trovava un altro ordine … di tornare indietro un'altra volta magari quando avevamo già fatto il secondo giro.
C’era [anche] da camminare per i campi, perché non era mica finito [dopo aver tirato le barche] … ci aspettava l’aratro per dare il colmo al mais; non c’erano mica macchine allora; era quello che era seccante.
Facevamo il secondo viaggio proprio se non c’era quel gran caldo. D’estate, quando erano le nove e mezza-dieci, basta … parché dopo e tiràa tanta de èngoa cussì, e bestie.
Al mattino partivano alle due e mezzo tre, da Nea [dal porto di Silea] ed arrivavano a Porto alle sette e mezza, otto … dipendeva, parché se ghe iera aqua, se caminava via e se mancava l'aqua, a iera dura su i vòlti, parché no ghe ne gavéimo mia uno soƚo da far.
Elenco [parziale] dei vòlti.
Lavoravamo la terra per il padre di Reggiani, l'attuale sindaco di Treviso, che faceva il dottore al tempo della prima guerra. E prima della [Grande] guerra la terra era lo stesso del sindaco di Treviso, ma di Bricito (sempre sotto Villapendola).
24:15 Durante la prima guerra a Villapendola ghe iera tuti caminamenti, trincèe [campo trincerato di Treviso]. Noi eravamo boce e correvamo su questi fossi, che erano alti così… Un'ulteriore linea  a  difesa di un palazzo c’era di là del Sile a S. Antonino.
A volte andavamo a letto al pomeriggio, per recuperare la sveglia mattiniera, ma a volte si saltava, se c'era il fieno fuori, o la stagione dei lavori.
Si ritornava eventualmente a tirare ancora le barche al pomeriggio ma quando che scumissiàa a far pì fresco.
Quando erano sotto tiro le vacche non bevevano: via diretti. Avevamo cinque minuti di sosta su una piarda dove la corrente rallentava un po’: ghe ciamàimo "i bò pissa" ed è abbastanza prima della chiesa di S. Antonino.
Il massimo che si trainava di solito, con pelo d'acqua normale erano [barconi da] mille quintali; raramente, solo nella stagione delle piogge, primavera e autunno quando c'era più acqua, allora potevano salire anche con 2000 quintali, ma era raro.



Testimonianza utilizzata 
alle pagine 260-262 di
Sile: alla scoperta del fiume



Nodo a strangola-can utilizzato dai tiranti
nell'attiraglio dei barconi del Sile.
Ciape par e vache / Ferri per vacche e buoi //
Ferri (ciàpe) messi sotto i piedi di vacche e buoi
addetti al traino dei barconi del Sile -
Propr. Angelo Barbon  ''Martin'', Villapendola TV.
La forgia Crommer's system patent, con cui
Angelo Barbon ''Martin'' si fabbricava le ciape
per i buoi addetti all'attiraglio dei burci del Sile
(Foto scattate l' 8 maggio 1988)


mercoledì 29 ottobre 2014

Ernesto Bianchetti, Cusignana di Giavera del Montello,1912, mugnaio - 2 - Battere la mola (rabbigliatura, rigatura, martellatura delle macine in pietra)

Registrata l'8 marzo 1985 - Cassetta 1985.19a+b

Trascrizione originale - contenuto - (PDF)

La rabbigliatura (rigatura della macina, battere la macina) è l'operazione più importante e difficile che il mugnaio deve compiere per garantire la perfetta macinazione del grano in un mulino tradizionale a pietra. Ernesto Bianchetti, 73 anni - ultimo mugnaio trevigiano ad utilizzare la pietra per la macina del frumento - vi provvede da solo.
Le foto sono state scattate da Camillo Pavan in concomitanza con la registrazione dell'intervista.

Testimonianza utilizzata in Drio el Sil, pagine 91-101.


Il presidente della Circoscrizione n. 8 di Treviso, Angelo Amadio,
consegna la prima edizione di Drio el Sil al mugnaio Ernesto Bianchetti,
Santa Maria del Sile, Scuola elementare Anna Frank, 1 maggio 1985.

Macina a pietra - 
Le due macine in pietra del mulino Bianchetti (peso complessivo
circa 17 quintali) con i tronchi di legno usati come leva 
per mettere in piedi senza argani el corente, la macina superiore.
Macina a pietra - 
Le due macine in pietra (palmenti) di un mulino tradizionale azionato dalla forza idraulica:
- da bianco se usate per il frumento, come in questo caso; da poenta se usate per il mais -
con i caratteristici "canali" a raggiera che permettono di convogliare all'esterno la farina.
Nel dialetto di Treviso le due mole sono chiamate: el peàl (quella in basso,
che resta ferma) e el corénte, quella sopra, che gira. 
Macina a pietra - 
Il mugnaio Bianchetti provvede a "incoƚorir el passo",
l'asse con cui stenderà sopra le macine di pietra il colore rosso
per evidenziare i punti che devono essere più "battuti".
Macina a pietra - 
Il mugnaio stende il rosso (dar el rosso),
un colore ottenuto con della terra rossa:
argilla naturale sciolta con acqua.
Macina a pietra -  rabbigliatura - 
Ernesto Bianchetti batte la mola, la macina in pietra di un tradizionale 
mulino ad acqua (a forza idraulica).


*  *  *
Chiarisce bene la funzione della battitura/rigatura della macina
(martellatura, viene chiamata nel video) l'operatore del mulino 
Marino di Cossano Belbo (CN) al minuto 00'45'' dell'intervista di Paola Sucato:
«Queste righe [...] fermano il chicco di grano 
… la pietra sotto, ferma, tende a rallentarlo, 
e quando arriva la pietra sopra lo apre…».
(battere la macina di un mulino a pietra, rigatura della macina, rabbigliatura)
Macina a pietra - rabbigliatura -
La roccia della macina di un mulino a palmenti è talmente dura
che non è raro che, durante la rabbigliatura, una scheggia
in ferro delle martelline si conficchi nelle mani del mugnaio.
Macina a pietra - rabbigliatura - 
Ponta  e marteìne 
(martello per i canali e martelline per la rigatura):
gli indispensabili strumenti della rabbigliatura.
Nell'impatto con la durezza della roccia i martelli perdono
rapidamente la loro capacità di incisione.
Per questo devono essere costantemente affilati e temprati.
E non è un caso se vicino ad ogni mulino
si 
trovasse un tempo anche la fucina di un fabbro. 

(Mulino a forza idraulica in provincia di Treviso)

lunedì 27 ottobre 2014

Ernesto Bianchetti, Cusignana di Giavera del Montello,1912, mugnaio - 1 - Dal grano alla farina

Registrata il 23 febbraio1985 - Cassetta 1985.18 a+b


Il mugnaio Ernesto Bianchetti
 con le antiche misure dei cereali in uso a Treviso
disposte davanti all'ingresso del suo mulino 
(Foto di Camillo Pavan, 8 marzo 1985) 

Ernesto Bianchetti era l'ultimo mugnaio della provincia di Treviso che nel 1985 
macinava ancora il frumento con le mole a pietra (palmenti)
Il suo mulino si trovava sul ramo della Brentella che lambisce il lato sud del Montello.
Mi ero rivolto a Bianchetti per avere conferma e cercare di capire meglio, vedendo in attività un mulino tradizionale, quanto già mi avevano detto e cercato di spiegare [cosa tutt'altro che facile, vista la mia lentezza nell'apprendere...] i mugnai Granello (Guido e Ruggero) e Carlo Torresan - di Canizzano - che avevano da tempo cessato l'attività oppure - Torresan - erano passati alla macinazione dei cereali con il più moderno sistema a cilindri.

Sintesi 
Lato A - Descrizione tecnica molto dettagliata del lavoro del mugnaio e del funzionamento di un mulino a forza idraulica.
- Prima cosa prendere in mano il grano
e controllarne la qualità
- Passaggio del grano nel buratto e nella vasca lavagrano.
- Dalla tramoggia alle macine.
- Velocità delle macine.
- Differenza fra i vari tipi di mulino a forza idraulica: di pianura (a spinta, con l'acqua dal basso) e di montagna (a ruota o a coppedel), con l'acqua dall'alto.
- Obbligo di mantenere il livello dell'acqua.
- Resa di macinazione e importanza della "battitura della mola" (rabbigliatura).
- Attriti fra mugnaio e fornaio per via della qualità della farina.

Lato B - Ingranaggio che trasforma l'energia dell'acqua in forza  per muovere le macine; suo funzionamento; giri al minuto.
- Attrezzi e operazioni per una perfetta rabbigliatura.
- Martelli e "punte" per battere la macina.
- Tipo, provenienza e peso delle macine. Macina "furlana", bresciana vera e propria, bresciana "verdona, francese (dai Vosgi).
- Durezza della macina.
- Qualità della farina integrale da lui macinata.



Testimonianza utilizzata in Drio el Sil, pagine 91-101.



Mulini del Sile - mulino idraulico -
La ruota idraulica del mulino Torresan, 
sul Sile a Canizzano/Mure nel 1985.
Prima dell'incendio era ancora attiva per 
la macinazione a pietra dei tutoli di mais.
Mulini del Sile - mulini a forza idraulica: 
El fuso, il grosso tronco in rovere (talvolta in castagno)
 che sosteneva una ruota idraulica.
Fiume Sile, ex mulino Granello a Canizzano/Mure, 1986.
Mulini a forza idraulica: 
Gli ingranaggi hanno il compito di trasmettere
la forza motrice proveniente dalla ruota (che
gira verticalmente) alla macina, che gira
orizzontalmente. Sono posti sotto il "castello" in legno
su cui poggiano le macine. (Mulino Bianchetti, 1985)

Mulino a pietra, a forza idraulica, provincia di Treviso
Mulini a forza idraulica - mulino a palmenti - 
Per estensione si chiama palmento anche la struttura complessiva, composta
dalla tramoggia nella parte superiore,
che permette al grano di scendere nelle macine in pietra, e dal
rivestimento in legno (scatolo), che circonda le mole e impedisce
alla farina macinata di sparpagliarsi convogliandola nel sottostante 

 buratto mediante dei fori posti nel tavolato (el mesà).
Mulini a forza idraulica - mulino a palmenti - 
Particolare del meccanismo che fa scivolare il grano nelle macine
con lo scuotimento del contenitore posto sotto la tramoggia per mezzo
di un bastone di legno mosso dalla macina superiore (el corente).
Mulini a forza idraulica - mulino a palmenti - 
Nel buratto avviene l'operazione finale, con la
vagliatura e selezione dei vari tipi di farina.


                                                                                     


Un'approfondita descrizione della macinazione a palmenti (cioè con le macine di pietra) si può leggere nel numero 2/2007 (anno 58) della rivista Tecnica Molitoria (Chiriottti Editori), che ripropone - con un commento iniziale di contestualizzazione a cura di Gustavo Maier - un articolo pubblicato dalla stessa rivista nel febbraio del 1955: Note pratiche di condotta e manutenzione delle macine. Practical aspects of stone milling. (PDF scaricato dal sito dell'Associazione amici del Mulino Moriena di Fenile. Ultima consultazione, 31.10.2014).

                                                                                     





Venditore ambulante - 
Camillo Pavan, con il banco di prodotti integrali e biologici 
in Pescheria a Treviso nel 1979. Sullo sfondo il suo furgone
Fiat 1100 bianco (metanizzato) .
(Foto di Aldo Pavan)




PS   Conoscevo molto bene Ernesto Bianchetti perché nel 1979 mi ero inventato l'attività di venditore ambulante di pane integrale biologico unitamente ad altri cereali integrali (non tutti biologici perché eravamo agli inizi), miele, polline e pappa reale. 
Al mulino di Ernesto andavo a macinare il grano che acquistavo da produttori di Treviso (ma una volta mi spinsi anche ad Isola del Piano da Gino Girolomoni - Alce Nero). 
Il fornaio - di cui non ricordo il nome - era sulle prime rampe della salita per Santi Angeli, sempre in territorio di Giavera del Montello.
Avevo un banco in Pescheria a Treviso al martedì e al sabato, concessomi dall'assessore socialista Attilio Giomo (senza lungaggini burocratiche ... e senza contropartite); ero presente ai mercati di Cittadella e Susegana; mi ero anche creato un piccolo giro di vendita "porta a porta".
Insomma mi ero lanciato in un settore dal sicuro avvenire ma dopo alcuni mesi - passato l'entusiasmo iniziale - mi accorsi che quel tipo di mestiere non era per me. 
E, come mi accadde altre volte nella vita, così come avevo iniziato, d'un tratto smisi.