Intervista registrata nella sua abitazione di via Radaelli a Santa Maria del Rovere il 30.10.1985.
Cassetta 1985/25a+b.
Lingua parlata: dialetto veneto di Treviso.
Contenuto (dattiloscritto originale)
La leggenda della trota che ride (YT, brano selezionato)
Da bambino Giulio Boa abitava in località "Al Canile" nelle baracche costruite dopo la Prima guerra mondiale per le famiglie rimaste senza tetto a causa dei bombardamenti aerei [1]. La zona era così chiamata per la presenza del canile municipale dove il padre del testimone lavorava come canicida. Le baracche si trovavano fra le attuali via Luigi Sartori a nord, Giovanni Pozzobon a ovest, Agostino Steffani a est, viale Orleans a sud.
Via Steffani era all'epoca chiamata "Strada del Poareto", nome attualmente riservato dagli anziani di Sant'Angelo e San Giuseppe al suo proseguimento oltre le sbarre del Dopolavoro Ferroviario, in destra Sile, ufficialmente via Giuseppe Benzi.
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Le baracche ''Al Canile'' in uno schizzo di Giulio Boa. (Seconda ediz. di Strada del Poareto, dic. 1987) |
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Le baracche "Al Canile" nel 1929 in una foto tratta da Casa, città, territorio... IACP TV, 1990, p. 92. |
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Ragazzi delle baracche ''Al Canile'' di Treviso giocano a carte. (Strada del Poareto (Far West Trevisan), di Giulio Boa) |
05:32 C’erano i fontanassi, prima del ponte Ottavi ... La SALC(e) [2] ha buttato tutti [ i rifiuti della lavorazione], là c’erano tanti di quei lucci… / – È stata la SALC ad imbonire ... prima di arrivare alle sbarre [passaggio a livello]... “a ga butà el desìo”, sia prima che dopo la guerra.
06:06 Prima del
Dopolavoro Ferrovieri, a destra e sinistra, là era tutto palù, tutto imbonito
con le macerie dei bombardamenti.
07:15 Prima di arrivare alle sbarre [linea Treviso Vicenza] c’era palù, e ci saranno state 90 baracche – parlo del ’29 – di sfollati dei bombardamenti [su Treviso] durante la guerra del “quindese–disdoto”... Lo chiamavano il Far West … e io sto preparando il libro “Strada del Poareto – Far West trevisan”, scritto in dialetto [3].
12:30 Avevamo fatto delle “canoe” con delle tavole, e andavamo
fino ai mulini di Canizzano […] Noi siamo nati sul Sile […] Ho imparato a
nuotare in una casa di contadini, i Martignon detti Marcoini che quando
andavano fare il palude mi buttavano dentro al Sile.
16:06 Andavamo al patronato di San Nicolò. Era un oratorio che
raccoglieva tutti i ragazzi della città … e c’era il cortile dei siori (quelli
che andavano studiare al Pio X o all’Istituto Riccati) e il cortile dei
poareti, cioè noi. Cortili separati...
26:08 Tutti i tombini di scarico nel Sile erano stati coperti con
pietre tombali dell’epoca di Napoleone, quando là c’era il cimitero [fra il
Sile, la circonvallazione e l’attuale via Steffani. Cfr. pp. 6–7 “Di acuto fiero morbo" ]. Erano tombini per lo scarico dei resti dell’uccisione dei
cani del canile che venivano squartati - per vedere se avevano malattie - e poi
erano portati a seppellire a Monigo con un carro.
26:52 Le baracche erano posate su sei blocchi di cemento. Avevano
doppia parete di tavole con intercapedine e c’erano quelli che non avevano
soldi e asportavano per bruciare la parete interna, restando con un solo strato
di tavole.
36:55 Una volta, ballare era peccato, ma noi si andava lo stesso a
ballare: agli “Stati Uniti” [Sant’Angelo Basso], alla Moncia [sulla strada
Noalese]. Davanti al campo di aviazione [a Canizzano] c‘era una sala da ballo,
sopra il bar sulla sinistra venendo da Treviso. Agli Stati Uniti c’era un bar e
c’era una donna grossa che vendeva tabacco di contrabbando, perché non si
trovava tabacco durante la [Seconda] guerra […] Mi ricordo che una domenica
siamo andati là in dodici e non c’era niente da mangiare: abbiamo mangiato
polenta fredda e mortadella! Altra sala da ballo era la “Tenda rossa” appena
giù del cavalcavia a sinistra per andare a San Lazzaro e “Alla Fratellanza”
[più avanti a destra lungo il Terraglio], sopra il bar.
44:15 Andavamo a rubare la frutta ai contadini lungo il Sile… e
tante di quelle corse con la canottiera piena di uva … Andavamo in barca, “drio
la riva”; uno stava sulla barca e gli altri scendevano a prendere pere, mele o
uva. Se arrivava il padrone ci allontanavamo di corsa e saltavamo dentro la
barca.
50:58 Mi sono sposato nel 1947, e a casa mia non potevo stare.
C’era una stanza libera nel Lazzaretto lungo il Sile e sono andato là. Lavoravo
alla TELVE, appena finita la guerra, e poco dopo essermi sposato mi hanno
licenziato […]. Dopo sono andato a fare il manovale, il casoin e infine alla
Camera di Commercio. Vi sono stato 28 anni; sono entrato come usciere e sono
uscito con il massimo della carriera del personale esecutivo: ero il
responsabile del Centro Stampa.
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Giulio Boa, prima ed. di Strada del Poareto, |
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Seconda ed. - a stampa - di Strada del Poareto, dic. 1987. (Disegno di Francesco Franchin) |
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